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N.121 MAR/APR 2018

 

Le regole del gioco

Continuo nelle mie lettere al legislatore, non perché lui mi ascolti (speranza vana), ma per risvegliare nei colleghi la coscienza dell’impegno ad indignarsi per provare a cambiare. Quando mi sento dire da professionisti – che non solo hanno investito i propri denari, ma che lavorano 15 ore al giorno in cucina – che oggi rubare è l’unico modo per SOPPRAVVIVERE, capisco che la necessità di un cambiamento è sempre più attuale. Il nostro, caro signor legislatore, è un settore dell’artigianato, con un altissimo lavoro manuale, non può avere le stesse regole di aziende che producono miliardi di pezzi prodotti con robot vari. Il mercato della ristorazione, pur essendo al ribasso nei prezzi, potrebbe offrire davvero tanto in termini di richiesta di mano d’opera, di servizi al territorio, di benessere diffuso, di servizi alla persona. Basterebbe avere il coraggio di legiferare con occhio attento alla sopravvivenza della specie. Invece tutto viene spinto nella direzione delle catene, che guadagnano un centesimo a pezzo ma ne fanno milioni al giorno, con stipendi e contratti da fame, in virtù delle regole di un mercato che ci vuole tutti uguali. Il ragionamento dovrebbe essere costruttivo: se la maggioranza delle persone non guadagna abbastanza da acquistare beni prodotti con sapienza e dignità, dobbiamo cercare di capire come mettere a punto il sistema. Purtroppo, invece, la logica che soggiace al nostro mercato quella della legge del più forte, “se vuole resistere, abbasserà i prezzi”.  Nella realtà odierna abbiamo clienti sempre meno consapevoli di cosa sia un alimento legato ad una cucina tradizionale, abbiamo masse disposte a spendere 500 euro per mangiare una volta in un’azienda mediaticamente famosa, per poi avvelenarsi quotidianamente al minimo della spesa. Caro legislatore, quando parlo di regole parlo di tasse, contributi, e di tutti gli innumerevoli adempimenti creati per dare “lavoro NON lavoro” a migliaia di “amici” burocrati. Il sistema produttivo continua a resistere, aumentando le ore di lavoro, diminuendo il numero di collaboratori, tagliando i giorni di riposo: in poche parole, sopperendo ai difetti del sistema con la nostra VITA. Credo che non sia questa la via: nella gara al ribasso prima o poi cascherà anche Lei. In una società di mercato LIBERO – o pseudo tale – siamo tutti legati gli uni agli altri, è sciocco pensare che le cose non ci riguardino direttamente. In questa società di mercato è il denaro l’unità di misura della dignità, ed un uomo che attraverso il lavoro non riesce a soddisfare serenamente la quotidianità, non è altro che uno schiavo.

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20 anni di noi
Festeggiamo come nelle famiglie più affiatate!

1998- 2018: quanta strada si è percorsa, eppure quel passato continua a vivere nella memoria di tanti di noi. Lo spirito che ci anima e accomuna è lo stesso di sempre, da quel fatidico anno di fondazione di APCI – Associazione Professionale Cuochi Italiani. Mi innamorai da subito dell’entusiasmo e dalla partecipazione sentita che pervadeva ogni iniziativa, dello spirito di appartenenza e altruismo che si respirava nell’aria, di quel modo speciale delle berrette bianche nel credere in un progetto, nel dedicare il loro tempo per la riuscita di percorsi condivisi, partecipati con spontanea passione!  Mi è difficile elencare qui tutti coloro che per primi fondarono APCI, ma due per tutti permettetemi di citarli: mio padre Carlo Re e Luigi Ugolini. A loro andrà il perpetuo merito di averla voluta e creata, insieme ad una squadra di amici e cuochi. Diverse le persone che si sono poi susseguite nell’arco di questi anni, e il cui sforzo e carisma ha permesso di giungere a questo importante traguardo. Un grazie particolare va al Presidente Roberto Carcangiu e ai ‘miei’ Consiglieri sempre pronti, disponibili ed efficienti, per aiutarci a non perdere la rotta. Insieme a loro lo staff APCI che gestisce con me ogni giorno la macchina operativa. I cuochi della Nazionale #APCIChefItalia, insostituibili compagni di viaggio, e tanti singoli e preziosi associati e collaboratori in Italia e all’estero: un lungo elenco di chi a vario titolo opera in APCI e, anche di fronte alle difficoltà e seppure con mezzi a volte limitati, non si è mai arreso. A loro devo molto e il cammino che dovrò proseguire, so che, insieme a loro, sarà meno faticoso, e sicuramente radioso e felice!  Sono fiduciosa per il nostro futuro, che ha avuto negli ultimi anni un ricambio generazionale, portando all’interno di APCI tanti giovani che hanno saputo dare un impulso ed una vivacità al passo con i tempi, confermando che il cambiamento è utile e necessario per uno sviluppo associativo costante. Celebrare oggi un anniversario così importante significa per me ridare attualità a quel momento in cui tante persone misero il loro impegno al servizio di APCI per realizzare quello che fu un bel sogno, e che da quel momento cominciò a crescere fino a diventare una realtà solida e il riferimento concreto per tanti professionisti e altrettanti bisogni. Trovo entusiasmante la sfida di preservare quest’ opera così faticosamente costruita, adeguandosi ai cambiamenti, ad incominciare dal ruolo dei cuochi nella società, e dalla tutela dell’immagine di ognuno di essi; stimolante l’obiettivo di riscoprire il valore che hanno oggi termini come sacrificio e incontro per ridare dignità a chi rischiava di essere escluso, per gustare la gioia di condividere e sostenere la fatica di una professione i cui disagi si sopportano così con più resistenza e considerazione da parte di tutti.  Con questo entusiasmo e un calice in mano (che ovviamente non poteva mancare!), brindiamo perché oggi si riparta per una nuova stagione, arricchita di tanti strumenti e attori che ne facciano sempre di più un contenitore aperto e duttile, un caleidoscopio di emozioni, esperienze e opportunità!

#APCI20ANNI
Auguri a noi!

 

 

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